In che paese abbiamo vissuto?

Venti anni fa in provincia di Modena sedici bambini sono stati allontanati dalle famiglie, accusate di colpe orrende. Era il caso della Bassa Modenese, poi rivelatosi uno dei più clamorosi casi di falsi abusi mai avvenuto in Italia.

Se ne parla oggi a Finale Emilia con Lorena Covezzi, l’avvo. Patrizia Micai e gli autori di Veleno, la bella trasmissione di Repubblica.it che ha avuto il merito di far riemergere il caso.

 

La ciliegina sulla torta

Una famiglia travolta da accuse deliranti. Sedici anni per avere una sentenza di assoluzione, quattro figli persi, un innocente morto di infarto, un’intera comunità messa a soqquadro. E ora la ciliegina sulla torta di un risarcimento risibile.

E’ questa, in sintesi, la storia che ripercorre il servizio di Canale 5 sulla famiglia Covezzi. E noi a sperare che, come è accaduto a Outreau, oltre al risarcimento materiale, le vittime di questo caso clamoroso ricevano anche le scuse pubbliche delle istituzioni. Ma l’Italia non è la Francia.

Vittime degli orchi o delle istituzioni?

marisaIl 16 maggio 2015 si è svolto a Modena un importante incontro sui falsi abusi su minori. Partendo dai drammatici casi della Bassa Modenese e di Rignano Flaminio, ormai definitivamente conclusi con sentenze di assoluzione, il convegno ha inteso evidenziare le responsabilità dei media e dalle istituzioni. Particolarmente toccanti e significativi gli interventi di Lorena Covezzi, Marisa Pucci e Gianfranco Scancarello che possono essere ascoltati ia questo link. http://www.radioradicale.it/scheda/442263/iframe

Illuminanti gli interventi degli esperti:

Assolti dopo 16 anni

Grande felicità e sollievo per l’assoluzione dei Lorena e Delfino Covezzi, emessa oggi 5 dicembre 2014 dalla Cassazione.

Il dramma della Bassa modenese si chiude, dopo 16 anni, nell’unico modo ragionevolmente possibile. Purtroppo Delfino, morto nell’agosto 2013, non ha potuto goderne.

Dedichiamo lo spazio che segue alla raccolta delle testimonianze e dei resoconti giornalistici su questa storia.

Morte di un innocente

Apprendiamo con tristezza infinita la notizia della morte di Delfino Covezzi, stroncato da un malore in Francia, mentre attendeva le motivazioni della sentenza che lo ha assolto per la seconda volta, dopo un calvario giudiziario durato ben quindici anni.

Delfino Covezzi è, insieme alla moglie Lorena Morselli, la vittima di uno dei primi e più devastanti casi di falsi abusi collettivi italiani, passato alla cronaca come il caso della Bassa Modenese. Con lui, e prima di lui,  Don Giorgio  Govoni, morto nel 2000 nello studio del suo avvocato e poi scagionato e riabilitato da sentenze postume.

Una vicenda giudiziaria che ha avuto, con qualche variazione, repliche quasi fotostatiche, per tipologia di accuse e dinamiche sociali, nei più recenti casi degli asili Abba e Sorelli di Brescia e della Olga Rovere di Rignano Flaminio, oltre che in altri casi meno noti.

Questo per la cronaca. Ma Delfino era, per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, soprattutto una persona buona, semplice, limpida e luminosa. Un uomo che ha saputo accettare, senza subire, le vicende che si sono abbattute su di lui, la separazione dai figli amatissimi, le inspiegabili lungaggini giudiziarie.

Le vicende umane sono sempre imperscrutabili, ma è innegabile che la sua morte appaia come l’epilogo assurdo, ma non imprevedibile, di questi quindici anni di stress.

Un epilogo che andava evitato, che forse si poteva evitare. Ciao Delfino, riposa in pace.

Caso Olga Rovere: a cosa sono serviti gli incidenti probatori?

Il processo sul caso Olga Rovere si è concluso il 28 maggio con un’assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

Non appena diffusa la notizia, gli avvocati di parte civile rappresentanti le famiglie denuncianti dichiaravano alla stampa di non comprendere perché il collegio giudicante non avesse dato peso  alle testimonianze rese  dai bambini nell’incidente probatorio.

Pesante il commento di Arianna Di Biagio, a capo dell’associazione dei genitori denuncianti:

Questa sentenza significa che la testimonianza del minore non ha valenza: allora il minore è sempre perdente. Allora legalizziamo la pedofilia. Quella di oggi è una grave sconfitta, il messaggio che rischia di passare è pericoloso.

Eppure, ora che dopo circa sei mesi possiamo leggere le motivazioni dell’assoluzione, apprendiamo che non è così. Sull’incidente probatorio, il collegio giudicante si è espresso molto chiaramente:

Esaurito l’esame degli specifici contenuti portati dai bambini appare opportuno svolgere qualche considerazione di sintesi: in primo luogo va nuovamente evidenziato come i contenuti proposti direttamente dai minori, nella maggior parte   dei casi, non coincidano con quanto loro attribuito e riferito dai genitori nelle varie denunce, integrazioni delle stesse o dichiarazioni rese alla Procura, ovvero in dibattimento.

In poche parole:  i bambini sono stati ascoltati, ma quello che hanno detto ai giudici non corrisponde a quanto riferito dai genitori nelle denunce. Chiaro, no?

Ora  a questa vicenda si aggiunge un altro interessante tassello. La procura, presentando istanza di appello, risponde così alla valutazione dei giudici:

L’affermazione si scontra con il dato (pacificamente accettato nella letteratura scientifica) per cui l’amnesia infantile, soprattutto nel caso di esperienze traumatiche, si manifesta nei primi cinque anni di età, periodo in cui le zone cerebrali depositate alla memoria rievocativa non sono ancora attivate. Pertanto potevano essere solo i genitori gli unici depositari del ricordo.

Parole che fanno riflettere. La procura ammette forse l’inutilità dell’incidente probatorio?

In quell’arringa del PG Riello una difesa del sistema

E’ interesse della nostra associazione contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica sul malfunzionamento del sistema giudiziario, soprattutto quando tale malfunzionamento non appare dovuto a  errori casuali (sempre possibili, anche nel miglior sistema giudiziario del mondo), ma a una inadeguata applicazione del concetto di presunzione di innocenza e di attenzione ai fatti e alle prove.  Un vizio che la magistratura italiana ha mostrato in passato, e che temiamo possa fare altri danni. Qui di seguito un commento de Il Giustiziere (al secolo Stefano Zanetti) sulla sentenza di Cassazione sul caso Sollecito/Knox.

Premetto che me l’aspettavo.

Sto parlando dell’annullamento del sentenza di assoluzione di Sollecito e Knox da parte della corte di Cassazione. Non che creda i due colpevoli. A me sembra evidente che sono innocenti. Ma da come il Procuratore generale ha impostato l’arringa mi appariva evidente che quello fosse il fine.

Nelle parole del Procuratore generale, o almeno in quello che ne riporta la stampa, oltre agli inusuali toni duri (“i giudici hanno perso la bussola”), notiamo una focalizzazione sul principio metodologico, inaccettabile per il Procuratore, usato dai giudici perugini per assolvere Amanda e Raffaele.

Noi siamo abituati erroneamente dalla tv, che ci propina fiction di culture giuridiche lontane, a credere che nei tribunali italiani le condanne vengano emesse analizzando le prove. Niente di più sbagliato. Lo dice, tra le righe, lo stesso Procuratore.

Quel richiamo a non disperdere la visione d’insieme da parte di Riello , a non frantumare uno per uno gli indizi colpevolisti, cioè quello che una corte anglosassone ritiene doveroso fare, è errato e pericoloso. Il nostro sistema – è il metamessaggio di Riello –  si basa sul libero convincimento del giudice,  non sulle prove. Del resto Amanda la notte della tragedia telefona e sua madre, fa una doccia fredda, non può non essere colpevole. È questa la visione d’insieme che Riello cerca di salvare. È questa visione d’insieme che la corte di Cassazione oggi ha salvato.

Resta da vedere la reazione statunitense. Che non sarà tenera. Ma del resto, la faccia la perde chi ce l’ha.

Assemblea dei soci – Convocazione

Ai sensi dell’art.10 dello Statuto è convocata l’assemblea ordinaria dell’associazione Ragione e Giustizia. L’assemblea è convocata alle ore 02,00 del 6 aprile 2013 in prima convocazione e alle ore 18,30 del 6 aprile 2013 in seconda convocazione in Via Flaminia 130 Piano terra, con il seguente ordine del giorno:

1. Relazione del presidente sull’attività 2012

2. Approvazione bilancio consuntivo 2012 e bilancio previsionale 2013, quota associativa 2013

3. Presentazione candidature e votazioni per il rinnovo del direttivo

4. Scrutinio e proclamazione eletti

5. Varie ed eventuali

Possono candidarsi a far parte del direttivo tutti i soci in regola con l’iscrizione per l’anno 2012. La presentazione delle candidature potrà avvenire sia mediante comunicazione al Presidente in carica (info@ragionegiustizia.org) sia durante l’assemblea. Le operazioni di voto si svolgeranno dall’apertura dei lavori fino alle ore 20.00.

Durante l’assemblea sarà possibile versare la quota associativa. Si ricorda che ai sensi dell’art 13 dello Statuto ciascun socio può, in caso di assenza, farsi rappresentare da un altro socio, mediante delega scritta da consegnare al presidente dell’assemblea.

Al termine dell’assemblea è previsto un buffet che verrà servito in loco.

Rignano Flaminio, 19 marzo 2013

Il Presidente

Uno spritz su Marte

Sicuramente non è raro che nelle aule dei tribunali si svolgano processi contro la pedofilia. Come mai allora il caso dell’ asilo di Rignano Flaminio ha fatto tanto scalpore? Il fatto che delle maestre di mezza età ed una bidella diventino improvvisamente delle violenti pedofile dedite addirittura a rituali satanici è chiaramente straordinario.

E’ possibile che ciò possa accadere? Quali sono le probabilità che ciò si verifichi?

Per il calcolo delle probabilità si rimanda all’intervento dell’ avvocato Antonio Forza al Convegno di Studi dal titolo “Il minore testimone. Psicologia della testimonianza del minore”  tenutosi a Roma , il 2 luglio 2012. Al minuto 13:00, infatti, l’avvocato afferma che:

“Il fenomeno della pedofilia al femminile è di 1 su 500.000; nel caso di Rignano Flaminio le donne coinvolte sono 5. Facendo il calcolo della probabilità composta, il risultato è di 625 per 10 alla ventesima. Sarebbe più probabile trovare con il prossimo viaggio su Marte un bar dove ti servono lo spritz così come si fa a Venezia, piuttosto che trovare nello stesso paese una concentrazione di pedofili donna come a Rignano.”

Sarebbe bastato un po’ di buon senso per capire l’assurdità di una tale accusa: un gruppo di maestre che, anziché proteggere i loro alunni, si accordano per torturarli. “Il sonno della ragione genera mostri”; è successo anche nel caso della “Olga Rovere”, purtroppo non ancora concluso.

Caso Olga Rovere: rese le motivazioni

Molte delle denunce presentate dai genitori dei bambini di Rignano e che hanno portato al processo e poi all’assoluzione di cinque persone per i presunti abusi su almeno 19 bambini della scuola ‘Olga Rovere’ di Rignano Flaminio, sono «frutto di una forte contaminazione» da parte dei genitori.  È il tema principale della sentenza con la quale il Tribunale di Tivoli ha assolto i 5 imputati, e le cui motivazioni sono state pubblicate lunedì 26 novembre. TUTTI ASSOLTI A MAGGIO. Era il 28 maggio scorso, quando il Tribunale di Tivoli assolse le maestre Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del Meglio, l’autore tv Gianfranco Scancarello (marito della Del Meglio) e la bidella Cristina Lunerti, sotto processo per accuse terribili, contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni: violenza sessuale di gruppo, maltrattamenti, corruzione di minore, sequestro di persona, atti osceni, sottrazione di persona incapace, turpiloquio e atti contrari alla pubblica. Tutti reati che si riteneva commessi tra il 2005 e il 2006 con sevizie e crudeltà.

Lunedì, 26 novembre 2012

Da: Lettera 43