Morte di un innocente

Apprendiamo con tristezza infinita la notizia della morte di Delfino Covezzi, stroncato da un malore in Francia, mentre attendeva le motivazioni della sentenza che lo ha assolto per la seconda volta, dopo un calvario giudiziario durato ben quindici anni.

Delfino Covezzi è, insieme alla moglie Lorena Morselli, la vittima di uno dei primi e più devastanti casi di falsi abusi collettivi italiani, passato alla cronaca come il caso della Bassa Modenese. Con lui, e prima di lui,  Don Giorgio  Govoni, morto nel 2000 nello studio del suo avvocato e poi scagionato e riabilitato da sentenze postume.

Una vicenda giudiziaria che ha avuto, con qualche variazione, repliche quasi fotostatiche, per tipologia di accuse e dinamiche sociali, nei più recenti casi degli asili Abba e Sorelli di Brescia e della Olga Rovere di Rignano Flaminio, oltre che in altri casi meno noti.

Questo per la cronaca. Ma Delfino era, per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, soprattutto una persona buona, semplice, limpida e luminosa. Un uomo che ha saputo accettare, senza subire, le vicende che si sono abbattute su di lui, la separazione dai figli amatissimi, le inspiegabili lungaggini giudiziarie.

Le vicende umane sono sempre imperscrutabili, ma è innegabile che la sua morte appaia come l’epilogo assurdo, ma non imprevedibile, di questi quindici anni di stress.

Un epilogo che andava evitato, che forse si poteva evitare. Ciao Delfino, riposa in pace.

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